LA CERTOSA DI CALCI - Natural History Museum - Museo di Storia Naturale
A beautiful museum, with permanent and temporary exhibitions. A must see if you come to Pisa
La Certosa di Pisa a Calci è un vasto complesso monumentale che sorge alle pendici del Monte Pisano, a pochi chilometri dalla città di Pisa. Fondato nel 1366 da una famiglia di certosini, il complesso è stato ampliato tra il XVII e il XVIII secolo e si presenta oggi come uno splendido monumento barocco inserito in un contesto paesaggistico fortemente suggestivo. Originariamente detta “buia”, la valle di Calci fu rinominata Val Graziosa (piena di grazia) proprio in seguito alla fondazione del complesso monastico. Nel 1972 la Certosa, abbandonata dai pochi monaci rimasti, divenne Museo Nazionale, mentre nel 1979 la parte occidentale del complesso fu concessa in uso perpetuo e gratuito all’Università di Pisa, che vi fondò il Museo di Storia Naturale, da allora ampliato, arricchito e rinnovato.
Oggi la Certosa ospita quindi due distinti musei: il Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. Le due istituzioni museali sono nate in tempi diversi, appartengono a enti pubblici distinti, sono collocate in parti differenti del complesso e hanno due diversi profili tematici e didattici. Tuttavia le loro vicende e collezioni, apparentemente così diverse, si intrecciano indissolubilmente all’affascinante storia del grande edificio che le custodisce.
Certosa di Calci - Pisa (Slide show)
La Certosa di Pisa o, più propriamente, Certosa di Calci, si trova in provincia di Pisa, nel comune di Calci, in una zona pianeggiante alle pendici dei monti pisani chiamata Val Graziosa. Ex monastero certosino, ospita attualmente il Museo di storia naturale dell'Università di Pisa.
La Certosa dista circa 10 km dalla città di Pisa e un tempo rientrava nel comune della città. L'aspetto attuale ha forme barocche ed è composta da un grande cortile interno subito dopo l'ingresso, dedicato alla vita comune e punto di incontro con il mondo esterno, mentre oltre gli edifici che circondano il cortile sono disposte le celle, gli orti e gli ambienti più riservati e tranquilli, adatti alla regola di vita certosina.
Fotografie e montaggio: Salvatore Clemente (
Pisa - Il Camposanto Monumentale
« Il Campo Santo di Pisa: il solo camposanto che sia al mondo, tutti gli altri son cimiteri. »
Curzio Malaparte
Il Campo Santo, noto anche come Camposanto monumentale o Camposanto vecchio, è un cimitero storico monumentale di Pisa, che chiude il lato nord di piazza del Duomo.
La dizione più diffusa del nome è Camposanto, spesso affiancato ad aggettivi come monumentale o vecchio. Tale dizione ha origine comunque, come è facilmente intuibile, da Campo Santo, nome tradizionale del luogo, sin da quando, secondo la tradizione, l'arcivescovo Ubaldo Lanfranchi di ritorno dalla Terra Santa ne riempì l'interno con terra portata dal Monte Calvario.
Nel Camposanto venivano sepolte le maggiori personalità cittadine, come i rettori e i più prestigiosi docenti dell'Università di Pisa, i governanti e le famiglie più in vista, spesso riutilizzando sarcofagi di epoca romana di grandissimo pregio, e contemporaneamente, dal XVI secolo, iniziando anche un processo di musealizzazione con l'apposizione di iscrizioni romane sulle pareti e altri preziose testimonianze della storia cittadina.
Questo pantheon pisano divenne così per vocazione naturale il primo museo della città quando nell'Ottocento vi furono raccolte opere d'arte provenienti dagli istituti religiosi soppressi per le riforme napoleoniche, impedendo così il disperdersi del patrimonio cittadino altrove, oltre ad altri oggetti di natura artistica o archeologica appositamente acquistati. Nello stesso periodo la funzione cimiteriale ebbe un picco, con i numerosissimi sepolcri ottocenteschi, spesso di ottima fattura, che iniziarono ad affollare i corridoi, da allora ribattezzati gallerie.
Questa commistione tra antico e moderno, tra celebrazione della storia e riflessione sulla morte, fu alla base del fascino malinconico che esercitò sui viaggiatori dell'epoca romantica, facendo sì che il Camposanto diventasse uno dei monumenti più amati e visitati d'Italia, con personaggi che da tutta Europa venivano per ammirarlo e studiarlo. Non a caso in questo periodo i suoi affreschi sono resi popolari da numerosi disegni, schizzi e stampe d'epoca, che ne diffondono la bellezza nel mondo.
Pisa - Piazza dei Miracoli e Museo dell'Opera del Duomo
Il Museo dell'Opera del Duomo di Pisa si trova in Piazza del Duomo, nel palazzo che fu sala del Capitolo della Primaziale, risalente al XIII secolo, seminario, accademia di belle arti e convento.
Fu inaugurato nel 1986 per ospitare il tesoro della cattedrale, i reperti rimossi dai monumenti sacri per ragioni di restauro e salvaguardia, e tutte quelle opere non più presenti dei vari edifici del complesso monumentale, ma che richiedevano uno spazio espositivo pubblico. Il museo prende nome dall'ente che gestisce il complesso monumentale, ovvero l'Opera del Duomo di Pisa.
Tra le sculture si segnalano le opere di Tino di Camaino e Giovanni Pisano, compresa la Vergine con bambino in avorio, scolpita da Giovanni nel 1300 per l'altare maggiore del Duomo.
Nelle sale del Tesoro sono presenti molti reliquiari dei secoli XVII e XVIII, e anche alcuni medievali salvati dall'incendio, tra i quali quello contenente (secondo la tradizione) alcuni sassi del Golgota e il vestito da eremita di San Ranieri, patrono della città.
Vi sono inoltre conservati dipinti dal XV al XVII secolo. Segue una serie di tarsie lignee provenienti dall'antico coro dell'abside, una collezione di paramenti sacri e diversi reperti etruschi, romani ed egizi. Questi ultimi furono raccolti nell'Ottocento da Carlo Lasinio, curatore del Camposanto monumentale, che ne fece una sorta di museo. Infine, sempre ad opera del Lasinio, sono presenti delle stampe colorate ad acquarello rappresentanti gli affreschi del Camposanto, che oggi, per molti di essi, restano come testimonianza di quello che erano.
Dal chiostro del museo si può ammirare una splendida vista della Torre pendente.
Il Museo è chiuso per restauro dal 2015 e la riapertura era prevista nella primavera del 2017.
La Certosa di Calci
La Certosa di Calci, fondata nel 1366, sorge a circa 10 chilometri da Pisa, ed è situata in una valle di grande valenza paesaggistica, detta un tempo Valle Graziosa. La Certosa, soppressa a causa delle legge napoleoniche (1808), passò al demanio dello Stato, ma nonostante questo continuò ad ospitare l'ordine certosino, fino al 1972. Continua...
Gruppo trekking Tripetetolo alla Certosa di Calci
Il gruppo trekking Tripetetolo va per musei.
Pisa - Il Museo/Cantiere delle Navi Antiche
Il museo delle navi antiche di Pisa è un museo archeologico di Pisa, destinato a contenere le circa 30 navi antiche scoperte nel 1998.
Nel dicembre del 1998 durante i lavori per la costruzione di un edificio che avrebbe dovuto ospitare la sede del nuovo Sistema di Comando e Controllo (SSC) presso la stazione di Pisa San Rossore iniziarono a emergere dagli scavi sotterranei tracce di materiale archeologico.
La scoperta si rivelò presto ben più importante del previsto, trattandosi di un sito di grande importanza. Inizialmente si riteneva si trattasse di uno scalo portuale, ma ben presto si è identificata la vera natura del deposito: si tratta del punto di incrocio di un canale della centuriazione pisana con il corso del fiume Serchio (l'antico Auser), dove, a seguito di una serie di disastrose alluvioni (ne sono state identificate almeno nove, dal II secolo a.C. al VII secolo d.C.), sono affondate almeno trenta imbarcazioni.
Le imbarcazioni, tra navi da trasporto e barche fluviali, sono risultate essere perfettamente conservate, grazie alla particolare situazione di completa mancanza di ossigeno e la presenza di falde sotterranee. Ci sono così potuti pervenire una grande quantità di materiali solitamente deperibili, quali legno, cordami, cesterie, attrezzi da pesca e utensili. Inoltre si è recuperato buona parte del carico di queste navi contenuto in anfore e vasi. Dagli studi approfonditi si è potuti risalire anche a valide ipotesi sull'area di provenienza delle navi, che sarebbero giunte da varie parti del Mediterraneo: Gallia, Campania, Adriatico, ecc.
La scoperta eccezionale ha fatto parlare di una Pompei in versione marittima. Il cantiere, data la grande complessità della situazione stratigrafica, è stato reso stabile e trasformato in un cantiere scuola, dove gli scavi proseguono alacremente. Le imbarcazioni sono in corso di restauro presso il Centro di Restauro del Legno Bagnato, realizzato presso il Cantiere.
Il cantiere delle Navi Antiche e il centro di restauro del Legno Bagnato, oltre ad ospitare studenti e tirocinanti in Archeologia e Restauro da tutto il mondo, sono visitabili in un percorso attrezzato, che permette di osservare le attività di scavo, restauro e studio in corso.
Documentario: Pisa città dei Miracoli
Meraviglie e misteri di Piazza dei Miracoli, Parco di San Rossore, Museo di Storia Naturale della Certosa di Calci, Piazza dei Cavalieri e centro storico di Pisa.
Museo Dell' Opera del Duomo Apertura 29/10/2015
Anteprima Museo dell'Opera del Duomo
Apertura 29 Ottobre 2015
Pisa - Madonna del Latte e Pulpito del Battistero
La Madonna del Latte, conservata al Museo Nazionale di San Matteo di Pisa, ma originariamente posta dentro una nicchia all'interno della chiesa di Santa Maria della Spina, è opera di Andrea Pisano; viene considerata un capolavoro del Trecento italiano, per la sua incredibile espressività e soprattutto per il suo stile del tutto innovativo. Il progetto e l'esecuzione di tale opera sono da attribuirsi al maestro Andrea Pisano, anche se è possibile riscontrare la mano del figlio Nino, soprattutto nelle rifiniture e nel trattamento della superficie marmorea.
L'opera è il risultato dell'intensa riflessione che Andrea compì sul suo più grande maestro, Giovanni Pisano, che proprio nel piccolo oratorio della Spina lasciò la sua impronta nelle statue della Madonna con Bambino, nella piccola edicola in facciata e nelle statue della parete meridionale esterna. Lorenzo Ghiberti descrive Andrea come ... bonissimo scultore ..., il quale ... fece in Pisa moltissime cosa a Santa Maria a Ponte, ma non ci lascia alcuna descrizione delle opere da lui compiute. Fu Giorgio Vasari nelle Vite a parlare per la prima volta dell'opera, attribuendola erroneamente al figlio Nino: ... andato poi a Pisa, fece nella Spina una Nostra Donna di marmo dal mezzo in su, che allatta Gesù Cristo fanciulletto involto in certi panni sottili. La critica sembra ora concorde nell'attribuire questo capolavoro al mastro Andrea da Pontedera, aiutato dai suoi più dotati allievi, quali Nino e Tommaso, suoi figli.
Una delle descrizioni più significative della Madonna del Latte ci viene fornita da Igino Benvenuto Supino nel 1904, ma come possiamo leggere ancora errata nell'attribuzione: ... Niun altro lavoro di Nino raggiunge infatti la perfezione di questa mezza figura, derivata evidentemente dal vero: le estremità sono condotte con accurato studio e il volto oblungo e un po' depresso della Vergine contribuisce a dare un'espressione più intensa alla fisionomia; la bocca semiaperta, con gli angoli sollevati, dà l'illusione del respiro un po' affannoso, e par che nasconda, nella contrazione forzatamente sorridente del volto, il dolore che prova la madre nell'allattare.
Andrea con quest'opera si allontana bruscamente dalla chiarezza classica delle opere fiorentine per giungere ad un modello in cui rinuncia ad un immediato risalto plastico in funzione di un espressionismo tipico di Giovanni Pisano. Le linee curve delle vesti della Vergine si risolvono senza interruzione in quelle del bambino, creando un movimento vorticoso, che dal viso della donna parte per percorrere sinuosamente le spalle, il braccio, le gambe del Bambino fino al viso dello stesso; e in mezzo a questo gioco ondulato, l'unica linea retta, posta quasi ad interrompere bruscamente il movimento dei due corpi, è quella che collega lo sguardo di Maria allo sguardo di Gesù.
Il pulpito del battistero di Pisa è un capolavoro di Nicola Pisano, firmato e datato 1260, tra i capisaldi della scultura italiana.
Verosimilmente iniziato verso il 1257 è un'opera di piena maturità dell'artista, con la quale vengono introdotte contemporaneamente una serie cospicua di novità di assoluto rilievo.
Innanzitutto la struttura a base esagonale non ha precedenti: si pensi al pulpito di Guglielmo già nel duomo di Pisa (oggi in quello di Cagliari) o a quelli diffusi nel XII secolo in Italia meridionale, tutti a base quadrata o rettangolare.
Sostenuto da sei colonne laterali (tre delle quali poggianti su leoni stilofori) ed una centrale con basamento scolpito con tre telamoni, ha il parapetto ornato da cinque pannelli a bassorilievo con scene della vita di Cristo:
Natività
Adorazione dei Magi
Presentazione al tempio
Crocifissione
Giudizio Universale
Sul sesto lato si trova l'apertura per accedere al vano rialzato.
Inoltre tra le colonne sono ricavati archetti trilobati con rilievi nei pennacchi (con Profeti e evangelisti) e sopra i capitelli si trovano altrettante statue con Quattro virtù cardinali, San Giovanni Battista e l'Arcangelo Michele
Pisa - Keith Haring, Piazza del Duomo, Palazzo Blu e il Doge Giovanni Dell'Agnello
Estratto dal film documentario Io&George di 6 puntate diretto da Riccardo Mastropietro.
Il docufilm, presentato in anteprima al Prix Italia Village nel mese di settembre, descrive il viaggio da Londra alla Sicilia intrapreso dalla scrittrice Simonetta Agnello insieme al figlio George, malato di sclerosi multipla primaria progressiva.
Le puntate si snodano lungo le città di Londra (città in cui risiedono e vivono i personaggi), Milano, Pisa, Roma, Napoli e Palermo/Agrigento, dove, nella contrada Mosé, ha sede la casa di campagna della famiglia degli Agnello.
Pisa - il Trionfo della Morte
L'affresco di Buonamico Buffalmacco raffigurante il Trionfo della Morte è il primo di una serie di tre grandi scene per il Campo Santo di Pisa e fu eseguito nel 1336-41, su commessa dei frati domenicani.
Questa scena è la più emblematica del ciclo del Camposanto, con un'interpretazione dello spazio libera e disorganica, contrapposta alla prevalente scuola giottesca contemporanea, con caratteristiche narrative che non hanno confronti immediati nel quadro della pittura della prima meta del Trecento. Lo stato di conservazione è piuttosto rovinato, ma viste le drammatiche vicende che queste pitture hanno subito (già con vistosi problemi, furono incendiate durante la seconda guerra mondiale per poi venire restaurate in tutta fretta usando tecniche e materiali che solo in seguito si sono rivelati inadatti) è quanto meno un miracolo che possiamo ammirarle tutt'oggi. Il problema principale è legato al colore che ha perso di incisività per via di una diffusa polverizzazione durante i secoli, anche a causa della collocazione al coperto, ma a contatto continuo con l'aria esterna, tanto da rendere di difficile lettura i dettagli, che appaiono spesso spalmati con lo sfondo. Le zone meglio conservate restano quella più alta, in particolare la battaglia tra angeli e demoni, e le due scene cortesi ai lati.
Il tema del Trionfo della Morte, legato alla credenza della fine del mondo, assume tra le mura di un cimitero, un valore fortemente suggestivo. La scena è frammentata in più scene dominate da diversi sentimenti: l'orrido, il grottesco, il comico, il senso di serenità. Le dame ed i cavalieri che si vedono nell'affresco stanno andando a caccia in allegra brigata (si notino i cani e il falconiere), con le vesti eleganti ed i modi cortesi del tempo; ma, guardando l'intera parete affrescata, ci si accorge che essi non hanno tempo per bearsi delle delizie proprie della vita cortese: la tragedia della morte che trionfa sul mondo terreno sta ormai incombendo su di loro.
La prima avvisaglia è proprio l'incontro tra i tre vivi e i tre morti, che occupa tutta la zona inferiore sinistra dell'affresco. Tre cavalieri, ignari dell'avvertimento del monaco Macario, che domina la parte soprastante da un promontorio roccioso digradante, vivono la loro esistenza senza problemi, ma si trovano davanti tre cadaveri imputriditi nelle loro bare (ciascuno in uno stadio diverso della morte, dal cadavere fresco, a quello in putrefazione, a quello ormai scheletro; avvolti da serpenti emanano cattivo odore come suggerisce il cavaliere che si tappa il naso).
Poi, guardando più a destra nel dipinto, si vede che il Giorno dell'Ira è ormai iniziato e con esso la battaglia tra angeli soccorrevoli e implacabili demoni, determinati a strappare le anime dai corpi dei defunti. Le anime sono rappresentate in forma di infanti che escono dalla bocca delle persone, secondo un'iconografia tradizionale. In alto si consuma la vera e propria battaglia tra Angeli e Diavoli, che si contendono le anime dei defunti. Il precario stato dell'affresco lascia solo intravedere, in basso, nella zona centrale, la Morte in orribili sembianze di Genio volante munito di falce ed ali di pipistrello che campeggia la scena. Sotto la Morte sta un ammasso di persone ormai falciate: fra esse si scorgono, gli uni sopra gli altri, pontefici, imperatori, regine, principi, poveri, servi e villani, a simboleggiare l'umanità tutta coinvolta in eguale destino di morte. Verso quel mucchio si dirigono diavoli mostruosi, bramosi di stapparne le anime. È dunque un formidabile Memento mori quello che viene dall'opera di Buffalmacco.
In alto sulla sinistra, arrampicati su balze rupestri, stanno quattro monaci intorno ad una chiesetta; si tratta di eremiti che paiono indifferenti al destino di morte. Sono intenti alle opere della vita attiva e contemplativa: chi munge una capra, chi prega o legge seduto, chi guarda in basso la scena. Attorno alla chiesetta, a sottolineare la calma della vita eremitica, si vedono animali selvatici, quali il fagiano o la lepre, prede che la caccia della nobile brigata non riuscirà ormai più a raggiungere. Il monaco Macario, nella parte inferiore dell'affresco, sulla sinistra dello spettatore, si trova all'imboccatura della via del promontorio e cerca di mettere in guardia i giovani: dietro di lui sta l'ardua via in salita della vita eremitica.
Anche nell'ultima parte dell'affresco, quella in basso a destra, incontriamo una scena che potrebbe apparire di amor cortese, tipica del gotico internazionale, con i Dieci giovani nel verziere fatta di giovani uomini e donne seduti in un giardino, su di un prato smaltato di fiori, all'ombra di profumati aranceti, fra suoni e canti, che si godono la vita spensierati, alla luce di torce tenute da angioletti in volo. Ma proprio verso di loro la Morte sta ora volgendo la sua falce, per rammentare il destino che comunque li attende.
La Certosa di Bologna
Il Cimitero comunale fu istituito nel 1801 riutilizzando le preesistenti strutture della Certosa di San Girolamo, fondata a metà del '300 e soppressa nel 1797 da Napoleone. Sepolcri e sculture fanno del cimitero monumentale di Bologna un vero e proprio museo all'aria aperta.
Situla della Certosa - Ricostruzione virtuale
Il viaggio oltre la vita. Gli Etruschi e l'aldilà tra capolavori e realtà virtuale (modifica)
Il viaggio oltre la vita. Gli Etruschi e l'aldilà tra capolavori e realtà virtuale
La Repubblica di Pisa e il Romanico Pisano
Il romanico pisano è lo stile architettonico romanico che si sviluppò a Pisa e che fu esportato in una vasta area di influenza al tempo in cui era una potente Repubblica Marinara, dalla seconda metà dell'XI alla prima del XIII secolo.
La cultura del romanico pisano si formò nei cantieri di Piazza del Duomo e da lì si irradiò ad altri progetti cittadini, ai territori controllati dalla Repubblica di Pisa (Corsica e Sardegna comprese) ed alla Toscana, soprattutto la fascia settentrionale da Lucca fino a Pistoia.
La Primaziale di Pisa rappresenta una delle più mirabili realizzazioni medioevali d'Europa: si tratta di una costruzione straordinaria per le dimensioni e per il candore delle sue superfici marmoree, esaltate dallo spazio erboso circostante dove sorgono anche il Battistero, il campanile e il Campo Santo.
Tra queste, la prima realizzazione fu il Duomo, la più grande chiesa romanica della Toscana; iniziato nel 1063-1064 da Buscheto e proseguito da Rainaldo, venne consacrato nel 1118.
All'esterno l'apparato decorativo è sostanzialmente uniforme ed è costituito da una serie di archi ciechi su più piani dove si alternano elementi romboidali incassati, tipici del romanico pisano e derivati da modelli islamici nord-africani (per esempio da Tunisia o Egitto); nell'abside e nella facciata invece gli archi acquistano profondità, formando delle gallerie schermate da esili colonne.
L'interno, schiacciato da un soffitto a cassettoni cinquecentesco che sostituisce l'originale teoria di capriate a vista, è caratterizzato da un susseguirsi di colonne sulle quali sono impostati i matronei, che si affacciano sulla navata centrale per mezzo di bifore.
Come a Venezia, l'architettura pisana venne quindi influenzata da quella costantinopolitana e bizantina in generale, per via delle fiorenti rotte commerciali di Pisa, che favorivano gli scambi culturali con altre aree del Mediterraneo.
In un primo momento infatti il Duomo era assimilabile ad una croce greca (si vede ancora nel corpo esterno della navata laterale pietre di diverso colore in corrispondenza dell'aggiunta della metà del XII secolo) ed altri elementi bizantini sono i matronei e la cupola con coronamento a bulbo, posta alla maniera lombarda all'incrocio dei bracci.
Più ancora che a Venezia gli elementi orientali vennero reinterpretati secondo il gusto occidentale, pervenendo a forme artistiche di notevole originalità.
Lo schema decorativo della cattedrale venne ripetuto sia nel campanile (la celeberrima Torre pendente, iniziata nel 1173), sia nel Battistero (iniziato nel 1153), almeno per quello che riguarda il primo anello, essendo stato ultimato in epoca più tarda (nel corso del XIV secolo), mutando il disegno originario, attribuito al Diotisalvi, con elementi di tradizione gotica.
Un'altra caratteristica tipica del romanico pisano è l'uso della bicromia alternando fasce di marmo bianco a fasce di pietre più scure, derivata da modelli della Spagna musulmana: nel duomo di Pisa il contrasto col grigio chiaro del verrucano è molto lieve, mentre in altre zone venne impiegato lo scuro marmo verde serpentino (a Pistoia) o altre tipologie petrografiche (in Sardegna e in Corsica) ottenendo un vibrante ricamo architettonico.
La storia di Pisa: Leonardo Sfrenati – De Bello Italico
Video di promozione del libro pubblicato a cura dello Studio Storico Editoriale Marich di Pisa, 2017: la trascrizione e la traduzione dal latino del manoscritto di Leonardo Sfrenati «De Bello Italico» conservato nella Biblioteca Universitaria Pisana 689