L'acquario del Museo di Storia Naturale di Calci
In visita all'acquario del Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci. Intervento del professore Roberto Barbuti, vicedirettore del Museo. Servizio di Graziana Maggi e Marina Magnani. Giornale dell'Ateneo dell'Università di Pisa.
Museo di storia naturale a Calci (pi).wmv
Certosa di Calci - Museo di storia naturale e del territorio dell'Università di Pisa . Maggiori dettagli su
Pisa - La Certosa di Calci
La Certosa di Pisa o, più propriamente, Certosa di Calci, si trova in provincia di Pisa, nel comune di Calci, in una zona pianeggiante alle pendici dei monti pisani chiamata Val Graziosa. Ex monastero certosino, ospita attualmente il Museo di storia naturale dell'Università di Pisa.
La Certosa dista circa 10 km dalla città di Pisa e un tempo rientrava nel comune della città. L'aspetto attuale ha forme barocche ed è composta da un grande cortile interno subito dopo l'ingresso, dedicato alla vita comune e punto di incontro con il mondo esterno, mentre oltre gli edifici che circondano il cortile sono disposte le celle, gli orti e gli ambienti più riservati e tranquilli, adatti alla regola di vita certosina.
Fu per decisione dell'arcivescovo di Pisa Francesco Moricotti che il 30 maggio del 1366 venne fondata la Certosa, nella Val Graziosa di Calci.
Il convento assunse in seguito un'importanza anche politica, in particolare dopo l'annessione dell'antico monastero benedettino dell'isola di Gorgona, avvenuta nel 1425. Nella seconda metà del XV secolo, artisti fiorentini si stabilirono a Pisa per assolvere a lavori dell'Opera del Duomo. Ma è soprattutto tra Seicento e Settecento che vengono compiuti i lavori più importanti.
Si accede al complesso attraverso un vestibolo seicentesco, coronato dalla statua di San Bruno, il fondatore dell'Ordine dei Certosini; a destra si apre la cappella di Sebastiano, in origine riservata alle donne, e a sinistra la foresteria delle donne, attuale biglietteria.
L'ampia corte d'onore longitudinale introduce al santuario. Di fronte all'ingresso è il prospetto barocco della chiesa, impostata su un podio con scalinata a doppia rampa, opera dell'architetto Nicola Stassi: da notare, sulla sommità, la statua della Vergine in gloria.
L'interno, risalente al XVII secolo, è costituito da un'unica aula lungo le cui pareti sono addossati gli stalli lignei destinati ai monaci; una parete intarsiata a marmi policromi separa la zona destinata ai conversi. Sullo scorcio del Seicento inizia la decorazione pittorica parietale con le Storie del Vecchio Testamento, dei bolognesi Antonio e Giuseppe Rolli; gli affreschi della cupola sono del lucchese Stefano Cassiani, autore anche delle pitture ai lati, dietro l'altare e tra le finestre.
L'altare maggiore fu realizzato su disegno di Giovan Francesco Bergamini e terminato nel 1686 dal figlio Alessandro; vi si trova una tela di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano, con San Bruno che offre la Certosa di Pisa alla Madonna, del 1681.
Dalla chiesa si accede alla sagrestia circondata da grandi armadi a muro, alla cappella delle Reliquie e alle varie cappelle, in cui ogni monaco celebrava la messa privata quotidiana; nella cappella di San Ranieri si conserva il dipinto settecentesco del pisano Giovan Battista Tempesti, con San Ranieri, patrono di Pisa; nella cappella di San Bruno troviamo una tela raffigurante il santo, di Jacopo Vignali; la cappella della Vergine del Rosario fu invece affrescata da Giuseppe Maria Terreni alla fine del Settecento.
Tra gli ambienti più interessanti del monastero, la Foresteria Granducale, così detta perché riservata ai sovrani di Toscana, con pregevoli stucchi del Somazzi e affreschi a figure allegoriche di Pietro Giarrè. Il refettorio attuale è il risultato della trasformazione del primitivo ambiente trecentesco: tra le testimonianze più antiche, l'affresco con l'Ultima Cena, di Bernardino Poccetti (1597), mentre il resto delle decorazioni parietali, compiute nel 1773, si deve a Pietro Giarrè. Sul seicentesco chiostro grande, con al centro la monumentale fontana ottagona, si aprono le celle dei monaci, ciascuna concepita come unità abitativa composta da più stanze.
Tra i numerosi ambienti del monastero ricordiamo l'appartamento del Priore, la ricca Biblioteca, l'Archivio storico e la farmacia. Nella foresteria è stata allestita la Quadreria del convento, che ospita numerosi e pregevoli dipinti, tra cui la collezione della famiglia Borghini di Calci.
L'ala ovest della Certosa ospita il Museo di storia naturale e del territorio dell'Università di Pisa.
Premiazione Icom - Museo dell'anno 2017
C’è anche il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa tra i protagonisti del premio Museo dell'Anno 2017, assegnato da ICOM, International Council of Museums Italia a un museo italiano che si sia particolarmente impegnato per diventare più attrattivo e innovativo nei rapporti con il pubblico e con il territorio.
Il Museo di Calci è stato infatti selezionato tra i dieci musei italiani che la commissione ha ritenuto meritevoli di menzione speciale. I criteri di valutazione erano, per questa edizione, l'attrattività dei musei nei loro rapporti con il pubblico, valutata prendendo in considerazione gli allestimenti, la comunicazione, i progetti di educazione e mediazione culturale, l'uso delle tecnologie digitali, le relazioni di rete con altri istituti di cultura, le partnership con privati profit e no profit.
La partecipazione è stata aperta a tutti i musei o reti museali, pubblici e privati, di diversa tipologia e dimensione, che rispondessero ai requisiti previsti dal Codice etico di ICOM. In tutto sono arrivate 75 candidature, raccolte attraverso il vaglio dei coordinamenti regionali di ICOM Italia e delle associazioni museali italiane. La giuria era presieduta da Alessandra Mottola Molfino (Probiviro di ICOM Italia) e composta da Françoise Dalex (Louvre, Segretario generale di ICOM France), Michela Di Macco (docente di storia dell’arte, Università La Sapienza, Roma) Manuel Guido (Dirigente del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), Tina Lepri (giornalista esperta di beni culturali, curatrice della rubrica La pagella dei musei italiani per il Giornale dell’Arte).
La vittoria finale è andata al Museo internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino di Palermo, al quale il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa rivolge le proprie congratulazioni.
Pisa Charterhouse, Lucca, Top Destinations Italy, Calci Charterhouse
Pisa Charterhouse, Lucca, Top Destinations Italy, Calci Charterhouse
Pisa Charterhouse, also known as Calci Charterhouse (Certosa di Pisa, Certosa di Calci), is a former Carthusian monastery, or charterhouse, currently the home of the Museo di storia naturale e del territorio dell'Università di Pisa (Museum of Natural History and of the Territory of the University of Pisa), located in the comune of Calci, some 10 km outside Pisa, Tuscany, Italy.
The monastery is noted for the fresco of the Last Supper, by Bernardino Poccetti (1597), in the refectory.
Pisa Charterhouse, Lucca, Top Destinations Italy
Pisa Charterhouse, Lucca, Top Destinations Italy
Pisa Charterhouse, also known as Calci Charterhouse (Certosa di Pisa, Certosa di Calci), is a former Carthusian monastery, or charterhouse, currently the home of the Museo di storia naturale e del territorio dell'Università di Pisa (Museum of Natural History and of the Territory of the University of Pisa), located in the comune of Calci, some 10 km outside Pisa, Tuscany, Italy.
The monastery is noted for the fresco of the Last Supper, by Bernardino Poccetti (1597), in the refectory.
DRAGONS Museo di Storia Naturale Doria Genova
La mostra di Sauri Dragons al Museo Civico di Storia Naturale Giacomo Doria di Genova.
Naturalista Marco Bertolini
Edit e acquisizione video Ugo de Cresi
الحلقة الأولي من برنامج الحفرجي
أول حلقات برنامج #الحفرجي إعداد وتقديم/ عبدالله جوهر
مصادر الصور اللى ظهرت فى الفيديو (بترتيب ظهورها):
1- Aegyptocetus tarfa, on display at the Museo di Storia Naturale e del Territorio, Calci (Province Pisa), Italy. By Hectonichus.
2- Dorudon atrox in Wadi Al-Hitan, Wadi Al Rayan preserve, Fayum, Egypt. By Christoph Rohner.
Visita al museo di Storia Naturale IV C Montessori
Pisa - Allevamento e Agricoltura nel Parco di San Rossore
Vacche di razza maremmana, pisana e chianina allevate in uno stato semibrado.
Un'agricoltura florida e ricca di prodotti tipici.
La pisana, conosciuta anche come mucco pisano o anche mucco nero è una pregiatissima razza bovina allevata in Toscana nel pisano. È una razza a rischio di estinzione.
Questa razza bovina vede la sua origine nella zona costiera della provincia di Pisa, fra San Rossore, Tombolo e Migliarino. Acquisì una rilevante popolarità verso la fine del 1700 essendo una razza bovina estremamente versatile, infatti trovava impiego nella produzione del latte, nella produzione di carne, ma soprattutto nei lavori agricoli.
Durante i primi decenni del novecento gli allevamenti contavano circa 20 mila capi di bestiame sparsi nel territorio pisano, da tale numero si è arrivati a scendere a circa 70 capi durante il 1980. Per questo motivo nel 1998 è partito un programma di conservazione per cercare di salvare la razza dall’estinzione.
Le origini della pisana sono da ricercare nell'antichità e nasce dall’incrocio della razza Schways con capi locali e successivamente vede l'incrocio con Chianina, Olandese e Durham.
Si presenta con un manto marrone-rosso scuro caratterizzato da una striscia più chiara sul dorso, il naso e le orecchie sono chiare. La razza pisana era usata prevalentemente per i lavori agricoli e per questo motivo ne è stato abbandonato progressivamente l'allevamento con l'avvento delle macchine agricole moderne.
Fino alla fine del XX secolo furono ospiti del Parco alcuni dromedari, popolarmente ed erroneamente chiamati cammelli. Il primo esemplare, posto sotto la custodia di uno schiavo, arrivò nel 1622 grazie al Granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici, convinto che il clima mite di San Rossore potesse essere adatto a questo genere di animale. L'esperimento riuscì e col tempo lo stesso Granduca ne introdusse altri provenienti dall'Africa, che vennero sfruttati per i lavori agricoli e per il trasporto del legname.
Un buon numero di dromedari venne donato alla Tenuta Granducale dal generale Arrighetti, che li aveva sottratti ai Turchi durante la battaglia di Vienna, nel 1683. Grazie a successive aggiunte, il numero delle bestie raggiunse quota 196 nel 1789, per poi calare progressivamente nel corso del XIX secolo, al cui termine era possibile contare la presenza di ancora un centinaio di animali.
L'allevamento, famoso in tutta Europa per la sua unicità, forniva regolarmente piccoli dromedari ai vari circhi equestri. Il numero dei dromedari si ridusse drasticamente durante la Seconda guerra mondiale, poiché molti esemplari vennero mangiati dalle truppe dell'esercito tedesco che, dopo l'8 settembre 1943, si era accampato nella Tenuta. Nel 1956 per volere del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ci fu un tentativo di reintroduzione che, però, non diede l'esito sperato. L'ultimo esemplare rimasto arrivò agli anni Sessanta del XX secolo, e il suo scheletro è attualmente esposto al Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci.
Per ringraziare dell'ospitalità ricevuta per la Route Nazionale nel 2014 l'associazione Agesci ha donato al parco tre dromedari.
Museo di Storia Naturale, 31 posti di lavoro a rischio
L'appello di Gianni Palma (Cgil) alla Provincia di Foggia: il sistema museale del capoluogo è a rischio. Non è ancora chiaro se, con il ridimensionamento di funzioni e risorse per l'Ente Provincia, i musei e la Biblioteca Provinciale avranno le risorse necessarie per continuare a essere pienamente fruibili. A rischio il futuro dei lavoratori impiegati nella gestione delle diverse strutture che dipendevano dalla Provincia di Foggia.
La nuova area polivalente della Granacci
Dotata di pista da corsa, campo da tennis, calcio e pallavolo, sarà a disposizione degli studenti e delle associazioni sportive del territorio che potranno utilizzarla anche fuori dall'orario scolastico grazie a una speciale cancellata. Dal Comune investimento di 62mila euro cofinanziato da un bando della Bcc di Pontassieve insieme agli spazi finanziari concessi dal bando “Sport e periferie” del precedente governo
Una nuova area all'aperto dove gli studenti potranno trascorrere le ore di educazione fisica sperimentando discipline disparate. E allo stesso tempo, una nuova casa completamente rimessa in sesto per le molte associazioni sportive presenti sul territorio e la comunità giovanile ripolese. Per l'area sportiva polivalente presente all'esterno della scuola media “Francesco Granacci” a Bagno a Ripoli è iniziata una nuova pagina.
Stamani l'inaugurazione del campo, oggetto di un recente restyling per il quale il Comune ha compiuto un investimento di oltre 62mila euro, risorse cofinanziate da un bando per la rigenerazione urbana della Bcc di Pontassieve che ha erogato un contributo di 12mila euro, insieme agli spazi finanziari concessi dal bando “Sport e periferie” del precedente governo. Presente al taglio del nastro, accanto al sindaco Francesco Casini, alla dirigente dell'Istituto comprensivo “Teresa Mattei” Amalia Bergamasco, agli studenti e al personale scolastico, il parlamentare Luca Lotti, il presidente della Bcc di Pontassieve Matteo Spanò e il direttore generale Francesco Faraoni.
L'area comprende una pista da corsa a quattro corsie lunga 80 metri e un campo di 35 metri per 20 in erba sintetica attrezzato per tennis, calcetto, pallamano e pallavolo. Il campo sarà circondato da una recinzione a maglia sciolta e cancelli di ingresso che lo renderanno utilizzabile anche nei momenti di chiusura della scuola.
“Fino a qualche mese fa – dice il sindaco Casini – alcuni ragazzi, quando la scuola era chiusa, scavalcavano la recinzione della scuola per andare a giocare a calcetto nel campo. Questo intervento di recupero è nato anche pensando a loro. Adesso non dovranno più scavalcare pericolosamente la recinzione per tirare due calci al pallone. Vogliamo anzi coinvolgerli, insieme alla scuola e alle associazioni sportive del territorio, in una gestione condivisa del campo. Un modo in più per fare comunità in un luogo di sport che deve promuovere il gioco di squadra”.
“Un ringraziamento all'amministrazione comunale che ci supporta nella crescita della nostra scuola. In un contesto come il nostro l'ambiente di apprendimento ha un valore educativo e didattico sempre più alto”, dice la dirigente Bergamasco.
“Le inaugurazioni sono sempre belle, a maggior ragione quando avvengono in una scuola, in uno spazio che potrà essere utilizzato anche dai cittadini – dice l'onorevole Luca Lotti -. A me fa piacere di aver creduto e investito, come governo, nelle infrastrutture sportive e nella scuola. Un augurio a questi ragazzi e un plauso a questa amministrazione che ha creduto in questo progetto e ha saputo realizzarlo in tempi brevi”.
“Ci sentiamo una banca vicina al territorio e abbiamo contribuito con grande piacere – dice il presidente della Bcc di Pontassieve Spanò – alla realizzazione di questo impianto per tutta la comunità, con una somma di 12mila euro, l'intervento più significativo nel 2018 in questa realtà. Un modo per contribuire con gli enti locali, l'amministrazione nazionale e le scuole a costruire strutture simili al servizio soprattutto dei ragazzi sul territorio”.
Dinosauri in Certosa! Ciclo di conferenze
Il terzo appuntamento del ciclo di conferenze dedicato ai dinosauri!
Il Mondo Perduto del Monte Pisano: uno sguardo alle prime testimonianze dinosauriane in Italia.
mercoledì 18 aprile ore 16.00
Alberto Collareta (Paleontologo dell'Università di Pisa) ci parla delle tracce fossili del Monte Pisano, le più antiche testimonianze del passaggio dei dinosauri sul territorio italiano.
Per lungo tempo, una piccola impronta raccolta a monte di Agnano ha costituito l'unica testimonianza del passaggio dei dinosauri sul territorio italiano. Negli ultimi anni il panorama paleontologico si è arricchito di vari esemplari scheletrici - tra cui figurano resti eccezionalmente conservati - e di numerose piste di impronte. Ciononostante, le tracce fossili del Monte Pisano forniscono un'istantanea di grande importanza sulla prima dispersione dei dinosauri in Italia e sugli ecosistemi terrestri del Triassico. Nel corso dell'esposizione si è trattato il significato delle tracce fossili del Verrucano del Monte Pisano nel quadro dell'evoluzione geodinamica e biologica del territorio.
CASTELFRANCO DI SOPRA (TOSCANA, ITALY)
Castelfranco di Sopra è un comune di 3.090 abitanti della provincia di Arezzo.
Si trova ai piedi del Pratomagno, lungo la strada provinciale Setteponti, a 45 km dal capoluogo. Situato lungo l'antico tracciato che collegava Arezzo a Fiesole, il territorio su cui oggi sorge Castelfranco di Sopra fu occupato in epoca preromana da un insediamento etrusco. Passato sotto il controllo di Roma intorno al III secolo, il territorio subì una intensa urbanizzazione, alimentata dalla costruzione della via consolare Cassia Vetus. Alla caduta dell'Impero Romano l'area finì sotto la dominazione longobarda, come attestato dai resti di strutture longobarde recentemente rinvenute nei pressi dell'antica Badia di Soffena, databili intorno all'825. Le prime testimonianze scritte riguardo a quest'ultima risalgono ai primi decenni del secondo millennio d.C. ed inquadrano la Badia di Soffena nel circuito culturale-religioso dei Monaci Vallombrosani. Pressappoco nello stesso periodo si attesta la presenza nell'area circostante la Badia del piccolo borgo di Casuberti. Fondato nel 1299 dalla Repubblica Fiorentina, Castelfranco di Sopra fu concepito come avamposto militare in funzione antiaretina, e come snodo commerciale per le tratte terrestri che collegavano il territorio della Repubblica all'aretino. Per popolare la Terra Nova, il borgo fu francato, cioè temporaneamente esentato dal pagamento dei tributi, attraendo così a sè numerosi popolani provenienti dalle comunità vicine. Nel giro di una cinquantina d'anni vennero costruiti la cinta muraria, la piazza ed i quartieri prospicienti ad essa. Nel XVII sec. il borgo conobbe un profondo rinnovamento della sua vita economica e sociale, che permise un aumento demografico sostenuto, prova del quale sono la costruzione di palazzi signorili quali Palazzo Renzi, e di strutture di vita comunitaria e religiosa quali l'Oratorio di San Filippo ed il Convento delle Agostiniane. Passata nel XIX sec. sotto l'amministrazione della Provincia di Arezzo, Castelfranco di Sopra subì la distruzione delle mura e dell'antica Loggia di Arnolfo di Cambio, l'architetto fiorentino che ne aveva curato la costruzione. All'ingresso del paese si trova la splendida torre del 1300, progettata da Arnolfo di Cambio. Nel 1996 Castelfranco ha festeggiato il settimo centenario della sua fondazione. È sede del Teatro intitolato a Wanda Capodaglio, famosa attrice di prosa che trascorse a Castelfranco gli ultimi anni della propria vita. Riprese realizzate venerdì 28 dicembre 2012, musica di Antonin Dvorak.
La Città nel Museo (della Lanterna di Genova)
Una raccolta delle mille anime della città riunite nel Museo della Lanterna di Genova.
L'idea guida del Museo della Lanterna è museare lo spirito di Genova e del territorio della Provincia che la circonda attraverso le più ampie testimonianze. Il museo racconta; lo spettatore rimane in ascolto: come nei migliori racconti, il museo non finisce mai di stupire; ogni volta, chi torna, rivive sensazioni diverse.
Racconti per immagini, dove una sequenza continua di repertori di archivio, di filmati attuali, di grafica esplicativa plurilingue, genera una forma di coinvolgimento su temi non proprio consueti, ma di grande spessore culturale, storico e sociale. Una specie di squarcio sulla complessa realtà della città e della sua provincia.
Per informazioni su tutti gli eventi, le manifestazioni culturali che si svolgono nell'area della Lanterna e per le visite a Museo e Lanterna è possibile consultare il sito web:
Map:
Anno: 2004 ©Archivio Audiovisivi Città Metropolitana di Genova
#GenovaMetropoli
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Documentario: Calci e la Valgraziosa
Sul versante occidentale dei Monti Pisani si apre la “Valgraziosa”, un contesto ambientale unico, caratterizzato da boschi di castagni, macchia mediterranea e, più in basso, dai tipici ed antichi terrazzamenti olivati.
Calci è un insieme di borghi, dei quali residuano oggi le più antiche frazioni, che comincia a svilupparsi in epoca repubblicana intorno al castello del Vescovo pisano, feudatario della valle, distribuendo i propri insediamenti lungo il corso dei torrenti principali (le Zambre) e da essi attingendo acqua per l'attività conciaria e per l'alimentazione delle ruote idrauliche, utili a muovere mulini e magli.
L'olivicultura forniva l'olio finissimo e la Zambra dava la forza idrica per gli opifici. Questa attività era conosciuta con il nome di arte bianca ed era una delle più importanti nel paese, insieme all'arte della lana, che offriva una pregiata produzione tessile. Altre arti minori erano la raccolta della mortella, il lavaggio della biancheria e la concia delle pelli animali. I boschi dei suoi monti erano protetti da leggi molto severe e davano legname ai cantieri navali della Repubblica Pisana.
Nel medioevo la vita civica dei calcesani era organizzata in una istituzione comunale composta di sei consoli, rappresentanti delegati di altre comunità sparse nel territorio calcesano, che dal monte si spingeva fino alla sponda destra dell'Arno. La vita gravitava intorno alle chiese di Santa Maria a Willarada, chiesa madre non più esistente, e di Sant'Andrea a Lama. La grande Pieve romanica fu edificata all'epoca del Vescovo Daiberto, fra il 1080 ed il 1111, anno in cui vi furono deposte le reliquie del Santo Patrono Ermolao martire.
Calci si trovò spesso coinvolto nelle sanguinose e alterne vicende della lunga guerra tra Firenze e Pisa. Fedelissimo alla Repubblica, con Pisa cadde all'inizio del XVI secolo sotto il dominio fiorentino e, nella riorganizzazione successiva alla sconfitta, venne aggregato alla comunità di Vicopisano fino alla fine del Cinquecento, quando venne aggregato a Pisa.
I borghi originari, condizionati dall'attività agricola e pastorizia, non hanno avuto sviluppo o sono scomparsi, mentre a partire dal 1500 il paese letteralmente si modella intorno al corso del più importante dei torrenti, per uno sviluppo di quasi tre chilometri, sui quali operavano, alla fine del XIX secolo, oltre 100 mulini mossi da ruote idrauliche. La persistenza di casolari e corti, addossati a romitori, conventi o chiese fra oliveti e selve di castagno, ha dato alla vallata calcesana il nome di Valle Graziosa.
Nel XVI secolo Calci fu distaccato da Vicopisano e riunito a Pisa finché, nel 1867, i calcesani chiesero ed ottennero dal governo di Vittorio Emanuele II la separazione dalla comunità di Pisa e la possibilità di erigersi in comune autonomo.
ORIA- 5 MARZO 2017: INAUGURAZIONE MOSTRA DIORAMI PASQUALI
Domenica 5 Marzo alle ore 19:30 nella Chiesa di San Francesco d’Assisi si è tenuta la terza iniziativa promossa dal Gruppo di Promozione Umana insieme alla Parrocchia San Francesco D’Assisi, sono stati presentati in una Mostra, giunta alla II edizione “ I Diorami di Pasqua” ossia “I presepi pasquali della Passione di N.S.Gesù Cristo”.
Un “diorama” è la plastica ambientazione in scala ridotta che ricrea scene di vario genere.
I più antichi diorami sono probabilmente quelli realizzati nella prima metà dell'Ottocento da Paolo Savi e conservati presso il Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci (Pisa). Essi sono i primi esempi di ricostruzioni tridimensionali di interazioni tra animali ed all'epoca furono ritenuti di insuperabile qualità dai maggiori musei europei. Fra gli utilizzi più diffusi dei diorami i principali sono quello ad uso tecnico, soprattutto ingegneristico e architettonico (riproduzione di edifici, oggetti industriali e superfici), di istruzione e hobbistico che permette di ricreare particolari ambientazioni in scala, cercando di ottenere effetti quanto più possibile realistici, tra questi vi sono i Diorami o presepi cosiddetti di Pasqua.
Da alcuni anni in Italia si è diffuso (specie al nord e qualche esempio al sud) anche il “Presepe Pasquale” con la ricostruzione plastica di scene tratte dalla Passione di Cristo che sempre più coinvolge artisti e appassionati del presepe. Il Gruppo, per valorizzare la Passione di Oria, ha intrapreso nel 2016 questo percorso nuovo con la realizzazione di alcuni Diorami che hanno riscosso un notevole interesse nella comunità.
La Mostra dei Diorami di Pasqua che sarà presentata, anche quest’anno prevede la ricostruzione plastica tridimensionale nella rappresentazione di alcune scene della Passione di Gesù Cristo nel tipico presepe con raffigurazioni molto suggestive ed evocative del culto pasquale. Sono stati coinvolti alcuni esperti oritani nell’arte del presepe natalizio ma che con la stessa arte si sono cimentati nella ricostruzione tipicamente artigianale nel rappresentare nei particolari i luoghi e gli ambienti dove si è svolta la Passione di Cristo.
La Mostra sarà presentata ed illustrata dall’Ins. Angelo Galiano, esperto e ricercatore scrupoloso delle tradizioni cittadine ed è stata patrocinata dalla Città di Oria, dall’Ass. Europassione per l’Italia e Europassion. Si intende proseguire tale iniziativa, anche, nel corso dei prossimi anni arricchendola con altre scene della Passione, coinvolgendo altri esperti del presepe con la finalità di creare una mostra permanente del Diorama Pasquale, una novità nel nostro territorio. La particolare Mostra, in una suggestiva sequenza di “sette plastici” raffiguranti scene della Passione di Cristo, sarà visitabile tutti i giorni sino al 23 Aprile, Domenica “ in Albis” negli orari di apertura della Chiesa di San Francesco d’Assisi.
Per informazioni sugli eventi promossi dal Gruppo si può visitare il sito: gpu-passioneoria.it
Eat Parade - Cene al Museo di Storia Naturale
Rai Due - Tg2 Eat Parade ore 13:45 di domenica, 21 aprile 2013
Università di Pisa
ANCONA. COSTA ADRIATICA (MARCHE, ITALY)
ANCONA. COSTA ADRIATICA CENTRALE / CENTRAL ADRIATIC COAST. Ancona, comune di 100261 abitanti, capoluogo della provincia omonima e delle Marche. Affacciata sul mare Adriatico possiede uno dei maggiori porti italiani. Città d'arte con un centro storico ricco di monumenti e con una storia millenaria è uno dei principali centri economici della regione oltre che suo principale centro urbano per dimensioni e popolazione. Protesa verso il mare la città sorge su un promontorio a forma di gomito piegato, che protegge il più ampio porto naturale dell'Adriatico centrale. I Greci di Siracusa che fondarono la città nel 387 a.C. notarono la forma di questo promontorio e per questo motivo chiamarono la nuova città Ankon, che in greco significa gomito. L'origine greca di Ancona è ricordata dall'epiteto con la quale è conosciuta: la città dorica. Alcune costanti caratterizzano la storia bimillenaria della città: anzitutto il legame con il mare, poi un particolare attaccamento alla libertà e all'indipendenza, che condusse a ripetuti assedi ed infine un disinteresse per l'espansione territoriale. In definitiva Ancona fu una città che si difese spesso e con energia, non si impegnò mai in guerre di conquista e dedicò le sue forze migliori alla navigazione ed alle attività portuali. Questa unità di intenti della popolazione permise spesso di superare gli interessi di parte, perciò i conflitti che in alcune epoche caratterizzarono la storia di altre città non furono mai significativi. Contrariamente a ciò che accadde in altre regioni Ancona divenne capoluogo di regione non perché dominò in qualche epoca il territorio circostante (la Marca anconitana fu una realtà più geografica che politica), ma perché oltre ad essere da sempre il centro più importante ha nella sua storia l'esempio più evidente dello spirito di autonomia e di indipendenza tipico di tutte le città delle Marche. I primi insediamenti sorsero nell'Età del bronzo, successivamente nell'Età del ferro Ancona fu un villaggio piceno. Divenne una città nel 387 a.C.: in quell'anno un gruppo di Greci siracusani, esuli dalla tirannide di Dionisio, desiderosi di ripristinare la democrazia ed attratti dal grande porto naturale, fondò la città sulle pendici del colle ora chiamato Guasco: sulla sommità del colle sorse l'acropoli con il tempio dedicato a Afrodite. All'arrivo dei Romani nelle Marche Ancona attraversò un periodo di transizione tra la civiltà greca e quella romana. Dal 113 a.C. Ancona potè ormai dirsi città romana e svolse per Roma la funzione di porto aperto verso l'Oriente: per questo l'imperatore Traiano ne ampliò il porto. Galleria di immagini con fotografie scattate venerdì 13 settembre 2013.
Fortificazioni Pisane - Il Castello di Ripafratta
Il castello di Ripafratta, noto anche come Rocca di San Paolino o Rocca di Ripafratta, è un castello medievale situato sul colle Vergario, che sovrasta il paese di Ripafratta (PI).
Il borgo di Ripafratta, frazione del comune di San Giuliano Terme (PI), si trova al confine tra le città di Lucca e Pisa, e lungo la loro antica via di comunicazione, un tempo nota come via Æmilia Scauri, poi via Julia Augusta e Strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero, oggi SRT12. Il castello si trova dunque a dominare, dall'alto del colle Vergario, le vie stradali e fluviali della valle del Serchio: tale posizione ha permesso a lungo il controllo sui traffici terrestri e fluviali fra le città rivali di Lucca e Pisa.
La rocca è caratterizzata da un recinto a pianta poligonale irregolare, occupato al centro da una torre quadrangolare, e da altre due torri adiacenti alle mura. Ulteriori tre torri di avvistamento e presidio dei sentieri di aggiramento sorgono sui colli circostanti: la Torre Centìno, la Torre Niccolai e la torre anonima, di cui restano pochi ruderi. Il sistema difensivo di confine della Repubblica Pisana nei confronti dei vicini lucchesi prevedeva altre torri e fortificazioni site nelle località vicine, come la Torre dell'Aquila (detta Torre Segata) presso Filettole o la Torre di Rosaiolo presso Avane.
Il colle Vergario è da sempre sede di attività umane, anche abitative, fin dall'Età del Ferro. Lo testimoniano alcuni dei riscontri archeologici di origine preistorica, etrusco-ligure e romana rinvenuti durante un'intensa campagna di scavi negli anni '80 del 1900. L'intera zona tra Lucca e Pisa, in particolare quello attualmente conosciuto come lungomonte sangiulianese, divenne in epoca alto-medievale un territorio ricco di strutture civili, militari e religiose di epoca e fattura romanica: pievi, torri di avvistamento e di controllo, piccoli villaggi, numerosi mulini ad acqua, eremi e monasteri situati sui monti sovrastanti. Un sistema feudale piuttosto regolamentato, nel quale le due città di Lucca e Pisa si contendevano la supremazia, con accordi o guerre, subendo e assecondando le influenze dei rispettivi vescovi e della sovranità imperiale.
In questo contesto è nata la Rocca di Ripafratta. L'antica torre originaria presente sul colle Vergario (tuttora al centro del castello) risale almeno al 970, ma la presenza di un edificio di quel tipo è probabilmente anteriore. La rocca propriamente detta, intitolata a San Paolino patrono di Lucca, è stato costruita dalla Consorteria dei Da Ripafratta, nobili locali, inizialmente feudatari del vescovo lucchese. Con l'edificazione di una vera e propria struttura castellana, la famiglia intendeva rafforzare ed estendere il proprio controllo sul territorio strategico di Ripa, piccolo villaggio dipendente ecclesiasticamente dalla pieve lucchese di Montuolo, situato in una zona favorevole per la riscossione dei pedaggi stradali e fluviali. Ma proprio tale imposizione di gabelle causò i primi scontri con i lucchesi, che nel 1104 mossero guerra ai Da Ripafratta e conquistarono la Rocca. I nobili, che non avevano certo la possibilità di opporsi, chiamarono in aiuto i pisani, tornati da poco dalla Sardegna, che mossero guerra a Lucca e recuperarono Ripafratta. I lucchesi si fecero di nuovo avanti un anno dopo, nel 1105, ma furono di nuovo sconfitti. Si arrivò ad una prima pace grazie all'intervento dell'autorità imperiale, la quale sentenziò anche la legittimità dei dazi imposti dai nobili di Ripafratta e che il luogo fosse sottoposto all'influenza pisana.
Nel 1109 l'avvicinamento con Pisa segnò un ulteriore passo, con l'atto di donazione da parte dei Da Ripafratta all'arcivescovo di Pisa di parte del castello. Con tale atto, i Da Ripafratta si obbligavano di fatto a riconoscere l'autorità della Chiesa pisana, a non nominare il castellano della Rocca senza l'approvazione dell'arcivescovo, e a non permutare il feudo con il Comune o la Chiesa di Lucca.
I frequenti conflitti tra le due città confinanti spinsero quindi il Comune pisano a fortificare ulteriormente la Rocca e il borgo, e costruire un più esteso sistema di difesa che si estendeva sui monti circostanti, con torri di avvistamento (le due superstiti sul versante di Ripafratta sono denominate Niccolai e Centino) e con una torre-porta a sbarramento della strada pedemontana (sopravvissuta fino alla seconda guerra mondiale). Negli anni 1162-1164, quindi, la fortificazione fu ingrandita e trasformata in una vera e propria Rocca castellana. A questo periodo risale anche l'ulteriore cerchia muraria concentrica che proteggeva il piccolo borgo a ridosso del castello, antico nucleo dell'odierna Ripafratta. Di questa cerchia muraria, rimangono oggi visibili solo pochi resti.
I conflitti tra le due città confinanti videro sempre più spesso Ripafratta al centro delle operazioni militari, di difesa o di conquista. Il castello fu spesso ceduto o occupato per patti, o preso come bottino di guerra.